Il rapporto che si instaura tra lo psicologo e un suo paziente è per definizione confidenziale. Se così non fosse il paziente che si rivolge a uno psicologo tenderebbe a omettere, alterare o nascondere alcune informazioni (tralasciando aspetti che per lui potrebbero essere imbarazzanti o poco pertinenti, ma che in realtà sono importanti al fine della riuscita del percorso di sostegno psicologico). Per questi motivi, proprio come definito dall’articolo 11 del codice deontologico degli psicologi, lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto, non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate. Il segreto professionale è inoltre disciplinato all’art. 622 del codice penale, che punisce chiunque, avendo avuto notizia di un segreto in virtù del proprio stato, ufficio, della propria professione o arte, lo rivela senza giusta causa o lo utilizza a proprio o altrui profitto, se dal fatto può derivare nocumento. Quindi, tutto quello che direte allo psicologo durante una seduta, sarà coperto dal segreto professionale.
Lo psicologo è altresì tenuto al segreto professionale anche in caso in cui deve rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a conoscenza durante il rapporto professionale. In questi casi il paziente/utente, può comunque dare il consenso allo psicologo di testimoniare su quanto da lui conosciuto professionalmente. Tuttavia, lo psicologo può astenersi dal rendere testimonianza anche in caso di consenso da parte del paziente, in quanto deve considerare preminente la tutela psicologica dello stesso.
Allo stesso modo qualora lo psicologo si trovi a lavorare con dei gruppi è tenuto a informare, nella fase iniziale, circa le regole che governano tale intervento. È tenuto altresì a sollecitare, quando necessario, i componenti del gruppo al rispetto del diritto di ciascuno alla riservatezza. Questo consente di tutelare i partecipanti al gruppo in merito alla propria riservatezza, sia da parte del professionista che da parte degli altri partecipanti al gruppo.
Infine, il segreto professionale passa anche attraverso la segretezza delle comunicazioni, la quale deve essere protetta attraverso la custodia e il controllo di appunti, note, scritti o registrazioni di qualsiasi genere e sotto qualsiasi forma, che riguardino il rapporto professionale. Tale documentazione deve essere conservata per almeno i cinque anni successivi alla conclusione del rapporto professionale, fatto salvo quanto previsto da norme specifiche. Per queste ragioni lo psicologo deve tutelare la privacy del paziente/cliente in ogni sua forma.
Dott. Davide Bertelloni
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